Stress: sintomi, cause e consigli

Quante volte abbiamo sentito le persone lamentarsi, perfino autocommiserarsi, dicendo “Sono stressato…, faccio una vita stressante…, tutta colpa dello stress!”.
Il termine stress è diventato così usuale nel nostro vocabolario quotidiano tanto da rischiare di servirci dello stress come un capro espiatorio, una plausibile scusante per eludere o attenuare le nostre responsabilità di fronte agli eventi, soprattutto quando lo si vuole intendere come un qualcosa di accidentale e di fortuito che siamo costretti, passivamente, a subire.
Così evitiamo di impegnarci a fondo per superare con le nostre forze le difficoltà del momento. Gli stessi mezzi di informazione spesso fanno dello stress un mostro da prima pagina, la causa di quasi tutti i nostri problemi organici ed esistenziali.

Ma che cosa è realmente lo stress?
Come può influire sul nostro benessere?
Cosa possiamo fare per curare e, magari, prevenire i disturbi da stress?

Originariamente il vocabolo inglese stress nasce in ambito metallurgico, non psicologico. Se il metallo posto ad usura tende a rompersi, stress, rappresenta la capacità del metallo a reagire a fonti di usura; non quindi rottura, ma quel momento o stato di eccessiva tensione, prima della rottura.
La psicologia (che si occupa del comportamento umano) spiega ciò che le persone fanno attraverso un susseguirsi di reazioni (r1, r2, r3…rn) in risposta ad una serie di stimoli (s1, s2, s3…sn), secondo un rapporto associativo di causa – effetto.
Il comportamento varia pertanto in relazione agli stimoli cui le persone, per sopravvivere, sono costrette a rispondere secondo la loro dotazione biologica, il loro repertorio di abilità intra ed interpersonali e la loro esperienza.
Se si considera il comportamento di una persona come la risposta agli stimoli – solitamente proposti dall’ambiente in cui la persona vive – lo stress si può definire come quella complessa risposta di difesa a determinati stimoli aspecifici (tra loro molto diversi), considerati pericolosi. Pertanto lo stress dipende sia dall’interpretazione della persona sulla natura degli stimoli ricevuti, sia dalla abilità con la quale tali stimoli vengono affrontati, sia pure dall’esperienza personale e dalla dotazione biologica personale.
Da ciò si può notare che lo stress non consiste, come comunemente si pensa, nel subire passivamente certe situazioni, per lo più casuali, ma in una reazione personale verso determinati eventi valutati negativamente e considerati pericolosi. Questa umana reazione, del tutto fisiologica, si accentua se le abilità messe in atto dal soggetto per affrontare e difendersi da quegli eventi interpretati negativamente risultano inadeguate. Se poi tali eventi sono pure oggettivamente pericolosi allora la risposta a tali stimoli si incrementa ulteriormente di intensità.

Quali sono quegli stimoli che possono essere interpretati come pericolosi, o anche lo sono, per l’incolumità personale?
La congerie di stimoli stressanti (stressors) è, per gran parte, di tipo esterno. Essi fanno riferimento all’ambiente fisico-ambientale e storico-sociale in cui siamo immersi.
Infatti ciascuno di noi vive ad una determinata latitudine, in una certa area geografica, condizionata da fenomeni atmosferici e climatici (stressors fisici), all’interno di aree psicosociali quali la famiglia – fonte di stress familiare, il lavoro – dove subiamo gli stress lavorativi – e ambienti di collegamento e stazionamento tra l’ambito familiare e quello lavorativo (la rete stradale e dei mezzi di trasporto, l’ambito parentale, amicale e ricreativo).
Una parte degli stressors, che ci portano ad attivare una complessa risposta di reazione, sono interni, fanno cioè riferimento a processi mentali e conseguenti emozioni negative (si dice che 7 persone su 10 sono stressate dai propri pensieri), problemi somatici (per lo più dolori) e a limitazioni comportamentali (insufficienze e non autonomie organiche).
Ora per ristabilire l’equilibrio compromesso da stimoli realmente pericolosi, o anche solo considerati tali (stressors) ci difendiamo con una complessa risposta, lo stress, appunto, definito pure ”sindrome generale di adattamento” in quanto il nostro organismo con una serie di segni e sintomi tende ad adattarsi alle modificazioni ambientali e psicosociali allo scopo di ristabilire le sue condizioni iniziali, l’omeostasi di partenza, antecedenti alla comparsa di stressors, alla stregua di un sistema termodinamico, che, grazie al termostato, mantiene inalterata la temperatura ambientale inizialmente programmata e quando questa scende ne ristabilisce l’equilibrio.
La risposta (lo stress, in definitiva) consiste in una reazione difensiva complessa in quanto coinvolge risorse cognitive, emozionali, neurovegetative e motorie comportamentali. Sia per la sopravvivenza e la incolumità fisica, sia per il mantenimento dello stato di benessere, essa comporta l’attivazione di 2 meccanismi di fronteggiamento: un meccanismo motorio-comportamentale e uno psicobiologico.
Con la risposta motorio-comportamentale viene fronteggiato direttamente o indirettamente lo stimolo nocivo o ci si allontana da questo con comportamenti elusivi di fuga o di evitamento, mentre tramite la risposta “somato-endocrino-viscerale” (meccanismo biologico coinvolgente il corpo con il suo sistema ghiandolare e dei suoi organi interni) l’organismo viene preparato temporaneamente al fronteggiamento comportamentale (lotta) degli stressors fornendo l’energia necessaria allo scopo.
Se la risposta comportamentale non è in grado di risolvere i problemi proposti dagli stressors, per ridotte o inadeguate abilità di fronteggiamento da parte del soggetto, rimane attivo soltanto il meccanismo di affrontamento psicobiologico.

In tale caso rimangono attivati i seguenti sistemi:

  1. neurovegetativo (innervazione del sistema nervoso simpatico e conseguenti reazioni somatiche e viscerali).
  2. neuroendocrino, in particolare a livello delle ghiandole surrenali e dell’ipofisi e neuroimmunitario, caratterizzato da depressione della risposta immunitaria della persona, dando luogo ad una spiacevole sintomatologia caratterizzata da sudorazione, respiro corto o irregolare, palpitazioni, tensioni muscolari, tensioni, mal di testa, disturbi gastrointestinali, tanto per citare alcuni dei più comuni sintomi della sola risposta psicobiologica, l’unica rimasta attiva dopo l’inibizione, per inadeguatezza del repertorio comportamentale, basato sull’attivazione di abilità sociali interpersonali di fronteggiamento.

Quindi, ogni qual volta una persona o non sa come affrontare o affronta con scarso successo uno o più eventi stressanti mantiene attiva la sola risposta psicobiologica e scatena nel suo organismo un sovraccarico di energia inutilizzata per inibizione della risposta comportamentale: questo è lo stress: da reazione funzionale di tipo acuto, esita in una reazione disfunzionale cronica (stress cronico), a rischio “nevrotico”, dove prevale uno spiacevole stato sintomatologico di tensione, protratto nel tempo, a volte fluttuante, che fa genericamente riferimento al concetto di ansia.
Lo stress di per sé, quindi, non ha una valenza necessariamente negativa: infatti ci sono persone che pur affrontando stimoli altamente stressogeni non avvertono quei problemi che sperimentano invece altre persone sottoposte ad eventi stressanti anche di lieve entità. Ciò dipende dalla diversità personale, sia di valutazione sia di fronteggiamento, degli eventi: se l’evento viene percepito come sfida ed affrontato con adeguate competenze sociali lo stress diventa eustress o stress percepito e vissuto bene, altrimenti si trasforma in distress, lo stress nocivo, come quello cronico dovuto ad un sovraccarico di energia per l’attivazione psico-neuro-endocrino-immunitaria che rimane paralizzata e senza sbocchi.
Senza lo stress non è possibile vivere in quanto esso ci permette di affrontare in modo efficace e con prontezza una determinata situazione.
In linea generale possiamo dire che lo stress è una reazione sana del nostro organismo e indica che stiamo affrontando una situazione di emergenza, ma se prolungata può dare origine a problemi di varia natura anche sul piano fisico oltre che psicologico.
In condizioni di vita primitive una certa quantità di stress permetteva all’uomo di affrontare in modo ottimale situazioni di pericolo, ad esempio una belva feroce, con la massima forza, concentrazione e prontezza. Questa capacità di rispondere con prontezza ad un pericolo garantiva la sopravvivenza dell’individuo.
Ai nostri giorni è più difficile incontrare tali pericoli fisici e le situazioni stressanti più frequenti sono in realtà di tipo psicologico.
Il problema è che, sia di fronte ad un vero pericolo fisico che ad un pericolo immaginato e/o temuto, mente e corpo reagiscono nello stesso modo, ovvero mettono in atto tutta una serie di meccanismi fisiologici atti a garantire un’efficace risposta di adattamento.
Dal punto di vista psicologico si parla di stress nel momento in cui le richieste ambientali e non, superano le nostre risorse percepite. A quel punto, lo stress diventa uno stato di eccitazione e di tensione continua e sgradevole causata da un compito o una richiesta a cui non sappiamo se siamo effettivamente in grado di rispondere.

Quali sono i sintomi che possono essere ricondotti allo stress?
La reazione dello stress è mediata dalla nostra soggettività, ovvero persone esposte agli stessi eventi stressanti rispondono ad essi differentemente e non tutti sviluppano poi sintomi da stress.

Da cosa sono determinate queste differenze?
In primo luogo dalla valutazione soggettiva che ognuno di noi compie quando si trova esposto ad una situazione od evento potenzialmente stressante.

Come valutiamo, quindi, se una situazione è per noi stressante oppure no?
Lo facciamo attraverso un processo di valutazione che implica 2 momenti o fasi differenti. In primo luogo valutiamo se la situazione che dobbiamo affrontare rappresenta per noi una minaccia, oppure una sfida o se è irrilevante. Facciamo queste valutazioni sulla base di una serie di fattori come: le idee che ci siamo costruiti riguardo alla situazione che dobbiamo affrontare, gli atteggiamenti che abbiamo verso il potenziale evento “stressante”, le nostre caratteristiche di personalità e aspettative rispetto alla situazione.
Ad esempio se ci troviamo a dover parlare in pubblico e pensiamo che far fronte a questa situazione è per noi una cosa difficile oppure temiamo il giudizio delle altre persone, valuteremo questo come una minaccia, se invece viceversa ne abbiamo già avuto esperienza oppure non percepiamo alcun timore nel farlo, oppure ancora amiamo tantissimo parlare in pubblico, allora per noi potrà essere una sfida che ci stimola positivamente.
Se valutiamo un evento come un pericolo o viceversa come una sfida stimolante, questo produce su di noi effetti diversi. Se lo percepiamo come una sfida si produce una risposta allo stress positiva, in termini tecnici questo stress benefico e positivo si chiama eustress, è una sorta di energia vitalizzante che ci permette in questo caso di affrontare positivamente la situazione.
Pensate ad un paracadutista che sta per compiere un lancio, oppure ad uno scalatore che vuole raggiungere una vetta oppure ancora ad un top manager che deve preparare una relazione per un’importante riunione del consiglio di amministrazione della sua azienda, ciascuno di essi si trova ad affrontare una situazione estremamente stressante, ma questa non è vissuta come un pericolo, viceversa è percepita come una sfida, ciò permette loro di affrontarla e di superarla. Se invece lo valutiamo come una minaccia metteremo in atto altri tipi di risposte.
A questa prima valutazione segue una seconda valutazione.
Dobbiamo affrontare la situazione e dobbiamo valutare se abbiamo delle risorse ovvero i mezzi per affrontarla e in caso positivo quali di questi mezzi possiamo utilizzare per fare fronte alla situazione problematica.

Valutare le risorse significa anche valutare le nostre risorse interne.
Ci chiediamo quindi: ”Sono in grado di affrontarla?” oppure “Posso farcela?”
In queste valutazioni entra in gioco il grado di fiducia che abbiamo nelle nostre capacità per affrontare la situazione. Sulla base di queste valutazioni metteremo in atto delle azioni per gestire la situazione. Queste produrranno una serie di risposte psicologiche (pensieri, emozioni, atteggiamenti di difesa) e risposte comportamentali a seconda del risultato ottenuto.

In che modo lo stress influenza il corpo?
Mente e corpo producono una serie di risposte sorprendentemente simili ad una serie di “stressor” che possono essere eventi pericolosi o spiacevoli. Tale reazione è prodotta sia che l’evento è vissuto realmente, sia che questo evento è immaginato o anticipato dalla nostra mente.
Di fronte ad un evento potenzialmente pericoloso, spiacevole o in una situazione di emergenza, corpo e mente reagiscono come se dovessero far fronte ad una risposta di attacco o di fuga.
L’evoluzione ci ha tramandato tutte quelle risposte adattative che ci permettono di sopravvivere di fronte ad un potenziale pericolo.
Quando si presenta una minaccia, non dobbiamo pensare, dobbiamo essere immediatamente pronti per attaccare o per fuggire. E per produrre una risposta di questo genere i nostri muscoli devono essere pronti per lavorare tantissimo e immagazzinare molta energia e quindi è per questo che si attivano tutta una serie di risposte fisiologiche (aumento battito cardiaco, frequenza respiratoria, pressione sanguigna) che servono per trasportare più velocemente l’ossigeno ai muscoli e per far fronte alla situazione di emergenza.
Quando si è esposti a livelli elevati di stress e lo stress diventa cronico esso può causare disturbi cardiovascolari (aumento pressione sanguigna), lo stress fa spendere molta energia (ci serve per scappare o attaccare) e questo utilizzo di energia (tra l’altro inutile) ci fa poi sentire stanchi (perché ne spendiamo molta ma non ne accumuliamo), lo stress altera l’appetito (o mangiamo di più o di meno). Può determinare ulcere gastriche, problemi sessuali, immunitari, problemi psicologici come ansia, depressione, ecc.

Coping
Sono sempre più numerose le persone colpite da problemi di stress sul luogo di lavoro.
stress on workI motivi possono essere legati sia a fattori organizzativi (gestione del lavoro, aumento del carico di lavoro e del ritmo di lavoro, elevate pressioni emotive esercitate sui lavoratori, precarietà del lavoro), sia a fattori di tipo personale (scarso equilibrio tra lavoro e vita privata, difficoltà a gestire le richieste, eccessivo perfezionismo, ecc.).
Si è a rischio di sviluppare una condizione di stress nel momento in cui le nostre risorse percepite a disposizione superano le richieste ambientali. Molto spesso una condizione di stress in ambito lavorativo è la conseguenza della reciproca interazione fra differenti fattori di natura organizzativa e personale.
Se viviamo in un contesto lavorativo che presenta già aspetti organizzativi disfunzionali dovremmo imparare a migliorare le nostre risorse di coping.
Per coping si intende la nostra capacità di far fronte alle situazioni problematiche attraverso efficaci strategie. Quando ci troviamo di fronte ad una situazione problematica possiamo cercare di agire sul problema stesso trovando soluzioni efficaci (coping sul problema o orientato al compito) oppure agire sulle emozioni (coping sulle emozioni) correlate alla situazione problematica, imparando ad esempio a riconoscere e gestire le nostre emozioni negative associate alla situazione e a trovare nuove risposte e soluzioni in grado di modificare i vissuti negativi (es. ricerca di supporto emotivo, accettazione della situazione, visione di aspetti positivi del problema, ecc.).

Stress e Comunicazione
La conflittualità in ambito lavorativo è spesso accentuata da una comunicazione inadeguata fra le persone e caratterizzata o da stili comunicativi di tipo aggressivo oppure viceversa di tipo passivo. Chi adotta tendenzialmente uno stile aggressivo se da una parte riesce ad imporre sugli altri le proprie esigenze (ma lo fa senza considerare quelle altrui), rischia attraverso questa modalità comunicativa di innescare una conflittualità cui può seguire una condizione di stress (proprio in quanto il conflitto può determinare risposte di attacco o fuga).
Viceversa chi utilizza uno stile comunicativo passivo non sarà in grado di esprimere le proprie esigenze (es. difficoltà a porre limiti alle richieste, oppure gestendo in modo inefficace le critiche).
Anche utilizzare questo stile comunicativo a lungo andare può innescare alti livelli di stress in quanto la persona subisce la situazione perdendo la percezione di controllo sulla situazione stessa.
La mancanza di controllo percepito e di prevedibilità circa le situazioni sono fattori in grado di innescare risposte croniche di stress. Quindi utilizzare in modo prevalente uno o l’atro stile comunicativo può essere a rischio di andare incontro ad alti livelli di stress.
Dal punto di vista comunicativo esiste una terza via ovvero acquisire l’abilità di comunicare in modo assertivo. Adottare uno stile assertivo significa saper esprimere le proprie intenzioni, esigenze, obiettivi, nel rispetto di quelle degli altri.
Quindi vuol dire imparare per esempio a fronteggiare le critiche generiche e manipolative (cioè finalizzate a svalutare la persona e non a correggere l’errore) provenienti da capi e colleghi rispondendo con fermezza ma senza essere aggressivi e tantomeno offensivi, vuol dire anche saper gestire le richieste quando sentiamo che queste cominciano ad eccedere rispetto alle nostre risorse a disposizione.

Come si può arginare lo stress di tipo lavorativo?
Come si può imparare a gestire ed affrontare lo stress di tipo lavorativo in pochi semplici passi. Vediamoli insieme.
In sintesi, per imparare a gestire lo stress sul luogo di lavoro possono essere utili alcuni suggerimenti.

  • Adottare una comunicazione assertiva che ci permetta di gestire in modo chiaro le richieste e le critiche altrui. Quando è possibile dire di no e delegare ad altri.
  • Sviluppare abilità di problem solving, focalizzandoci più sul “come” fare per risolvere una situazione che sul “perché” ci è proprio capitata a noi.
  • Stabilire obiettivi realistici e affrontare i problemi con ottimismo e senso di auto-efficacia.
  • Imparare ad auto-osservarsi per cogliere se c’è qualcosa che non va e riconoscere eventuali segnali di stress.
  • Tracciare dei confini precisi tra ambito lavorativo e spazio privato e imparare a concedersi delle pause all’interno di una situazione stressante organizzando il tempo libero.
  • Non investire tutte le energie nel lavoro. Quindi dedicarsi ad un’attività piacevole che contribuisca a farci sentire più rilassati.
  • Mantenere e coltivare una rete di supporto sociale.
  • Fare attività fisica
  • Esprimere le proprie emozioni, anche verbalmente.
  • Fare tecniche di rilassamento con una certa costanza o prendersi brevi momenti di riposo.

Tratto liberamente da articoli sullo stress e da un’intervista al Dott. Girone, Specializzato in Psicoterapia Cognitiva ad Orientamento Costruttivista-relazionale.