Ci hanno rubato il silenzio

Un instante senza rumore: in città è ormai un sogno. Ma ora anche in montagna e anche sulle spiagge deserte non si riesce ad avere un minuto di pace. Insomma, viviamo in mezzo al frastuono. E non ne possiamo più.
Il buco della notte sta per sparire. E quando anche quest’ultimo rifugio non esisterà più, il furto del silenzio sarà completo: vivremo 24 ore ininterrotte di rumore, con i decibel pronti ad aggredire i nostri timpani. «Il buco della notte, infatti, è il periodo di tranquillità tra l’ora in cui i nottambuli vanno a dormire e quella in cui iniziano le attività del nuovo giorno.
L’unico momento in cui si può ascoltare il silenzio in città» spiega Giorgio Campolongo, audiologo e fondatore di Missione rumore, un’associazione che lotta contro l’inquinamento acustico. «A Milano questa pausa dal rumore è tra le 3.20 e le 3.50 del mattino. Ma si sta restringendo. Perché andiamo a letto sempre più tardi e ci alziamo sempre più presto per lavorare». la notizia vi ha gettato nel panico? La prospettiva di una giornata no stop nel caos metropolitano vi ha scatenato la tachicardia? Probabilmente siete tra le vittime numerosissime, involontarie e disperate del rumore.
Forse fate parte di quel 72 percento di italiani costretti a sopportare, giorno e notte, quegli 85 decibel di rumore che l’Organizzazione mondiale della sanità ha fissato come soglia di rischio. E la vostra è tra le famiglie che soffrono di stress da fracasso (una su due, secondo Legambiente). Insomma, siete già sull’orlo di una crisi di nervi. Ma se state pensando di scappare dal traffico cittadino, dai negozi che vendono jeans a suon di rock spacca timpani, dalle palestre dove il volume della musica è più pompato dei muscoli, attenzione. Anche in mezzo al verde della montagna o all’azzurro del mare si nasconde il decibel killer.

Scappare è inutile.
Scena numero uno. Una domenica di fine marzo tra sole e neve in Trentino. La voglia di sedersi in un rifugio per respirare pace e aria buona. Peccato che in qualcuna di queste oasi ci siano anche le cubiste che ballano sui tavoli a ritmi dance. «Per fortuna, non è così dappertutto» dicono dal rifugio Montagnoli di Madonna di Campiglio. «Ma di solito sono i clienti a chiedere la musica. Per esempio, noi la trasmettiamo dalle 15.30 alle 17».
Scena numero due. Un giorno d’agosto, l’estate scorsa,su una delle isole più tranquille della Sicilia: niente alberghi, niente villaggi turistici . Tutto tace. All’improvviso un barcone-discoteca ancorato in porto apre le danze. E lì per caso. Ma tu no, tu non sei lì per caso. Tu eri arrivato fin qui proprio per fuggire al caos. «C’è musica in metropolitana, sugli ascensori, nelle sale d’attesa dell Asl» dice Giorgio Campolongo. all’ora di punta i fast food ci propinano ritmi veloci per farci mangiare più in fretta. Mentre i supermercati ci tormentano con il motivetto allegro nel reparto di prodotti per la casa e con quello soft nel corridoio di biancheria intima. Solo per farci comprare di più».Ma questa vita con colonna sonora non richiesta comincia a infastidirci.
Fra i tanti che non ci stanno più a fare da complici nel grande furto, c’è perfino chi alle note ha dedicato la vita.«Credo che la musica sia una medicina per l’anima» dice Giuseppina La Face Bianconi, musicologa del Dams di Bologna «Però c’è un equivoco: noi diamo per scontato che i suoni uniscano le persone sempre e dovunque. La verità è che uniscono soltanto chi ha gli stessi gusti. Altrimenti allontanano». Anche perché le orecchie non hanno le palpebre. Non ti puoi riparare, se non con la fuga o con la protesta. «Una mia collega» continua La Face Bianconi «ha trovato della musica perfino nella camera iperbarica. Una dottoressa non poteva farne a meno e la imponeva a tutti». Alcuni anni fa anche l’Atc, l’azienda di trasporti di Bologna, aveva deciso di trasmettere canzoni sugli autobus. «Ma abbiamo interrotto il servizio a causa dei reclami» dice Tilde Pezzi, responsabile dell’ufficio stampa dell’Atc

La soluzione è pagare.
Da dove nasce questo bisogno collettivo di riempire ogni piccolo silenzio? «Abbiamo paura della solitudine» suggerisce Leonardo Milani, psicologo del benessere. «ll silenzio ci lascia soli con noi stessi, con le nostre scelte sbagliate, le situazioni irrisolte». E quella voce interiore noi non la vogliamo sentire.«La società in cui viviamo» continua Milani «Ci ha insegnato a sviluppare le attività razionali, non a meditare. E fondamentale produrre, sbagliato stare fermi».
Dove non arriva la musica ci pensano i motori a rovinarci il silenzio. «Ora vanno molto di moda le gite in elicottero per vedere le montagne dall’alto» dice Antonio Arpini, direttore del Centro di audiologia e ambiente di Milano, che da anni si occupa proprio della conservazione dei luoghi silenziosi. «ll risultato è che il rumore si sente in tutta la vallata». Se un elicottero può rompere l’incanto di una passeggiata tra i boschi, altre macchine fanno danni peggiori. «La legge prevede che scuole e ospedali siano costruiti in zone protette dal rumore. Invece ho visto aule vicino a strade trafficatissime, bar accanto alle sale di degenza, moto falciatrici e ventilatori rumorosissimi al lavoro sotto le finestre di pazienti appena operati».
Il problema è che presto avremo dimenticato il piacere del silenzio. Perché la pioggia di decibel crea dipendenza «Più ci si abitua a livelli sonori alti, meno si apprezzano quelli bassi. E non si può più fare a meno del rumore» spiega Arpini. Chi ancora si ricorderà della magia di un luogo senza altoparlanti, voci urlanti e motori accesi sarà disposto a sborsare anche dei soldi per provare quelle antiche sensazioni. «Sì, presto lo pagheremo, lo pagheremo caro il silenzio» pronostica La Face Bianconi. A dire il vero c’è chi lo paga già. Come quei turisti che vanno a caccia della tranquillità perduta nei monasteri o negli alberghi antirumore. Da quelli che si trovano nella guida Relais du silence. Per non rischiare di trovarsi in un parco meraviglioso, con un libro in mano, il mare di fronte e nell’aria le note dell’ultima rock band..

di Sabrina Barbieri – tratto da donna moderna